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SVIZZERA/ITALIAInfermieri in fuga dall’Italia. «Non si torna indietro ma anche qui ci sono difetti»

14.05.24 - 07:42
La rigidità del sistema e la facilità nel licenziare tra le criticità
Ti-Press
Infermieri in fuga dall’Italia. «Non si torna indietro ma anche qui ci sono difetti»
La rigidità del sistema e la facilità nel licenziare tra le criticità

BELLINZONA - La fuga direzione Svizzera o se si vuole usare un’altra immagine, la ricerca di condizioni lavorative migliori, è in corso da anni.

È però vero che nell’ultimo periodo l’esodo inarrestabile di infermieri, medici e personale sanitario in Ticino e non solo, sta assumendo i risvolti di una vera emergenza. Non tanto per il Cantone che ha bisogno di tali risorse e, giustamente, le cerca dove ci sono, quanto per l’Italia tanto che ormai da mesi si parla di un bonus da dare, prelevandolo dalle tasche dei frontalieri, a quanti decideranno di non lasciare l’Italia e le aree di confine, a partire da Como e Varese, per superare la dogana.

Un esperimento perso in partenza. Perché mentre la politica italiana cerca di capire come poter attuare tale tassazione, chi ha già fatto il salto e lavora in Ticino, dice senza esitazioni «non tornerei mai indietro, neanche con il bonus: non servirà». 

Ciò che viene evidenziata non è una fuga ma un semplice rendersi conto di come due realtà così vicine geograficamente, siano invece collocate in due galassie distanti anni luce sul piano dell’offerta, e non solo di quella economica. 

Le testimonianze - Per capirlo abbiamo raccolto le esperienze di tre italiani che lavorano nel sistema sanitario elvetico, fatto di indubbi vantaggi ma anche di alcuni difetti. «Per dieci anni ho fatto l’infermiere in pronto soccorso, specializzato ad operare in aree critiche - ci racconta il primo intervistato che risiede in provincia di Varese - Poi ho preso la decisione e ora non tornerei mai indietro. Non è però solo un fatto economico, seppur importantissimo».

Va detto che gli infermieri transfrontalieri, infatti, arrivano a guadagnare in Svizzera fino a 5mila euro mentre la retribuzione mensile in Italia non supera i 1.600-1.700 euro. 

«Prendo quasi il triplo che in Italia, ma qui c’è anche un’organizzazione differente nei turni e nella gestione dei pazienti. E soprattutto si lavora in sicurezza. Anche qui capita che ci siano situazioni di tensione, specie in Pronto Soccorso ma mai come in Italia. E non sarà un bonus, fosse anche di 300 euro al mese, a invertire la tendenza», ci racconta. 

Inevitabile però chiedergli dove stiano i difetti. «Certo anche qui ci sono, come la poca dinamicità del lavoro. Manca flessibilità. Vige un’eccessiva rigidità che imbriglia. Oltre alle ore passate in macchina, ma questo è un altro tema».

Soddisfatte per il lavoro ma anche preoccupate per la facilità con cui in Svizzera le persone possono essere lasciate a casa senza occupazione, le altre voci.

«La tutela del lavoratore frontaliere potrebbe essere maggiormente garantita - spiega l’intervistata che ha deciso di lasciare l’Italia dopo 20 anni di lavoro e spinta dalla voglia di cambiamento - Sono numerosi gli esempi di interruzione del rapporto lavorativo senza una giusta causa».

E più che per il compenso «sicuramente motivante, il cambio di vita l’ho fatto per il bisogno di nuove esperienze e per avere intorno a me un ambiente lavorativo stimolante. Inoltre qui il personale è numericamente superiore e ciò fa sì che si facciano i riposi, si seguano i turni e le ferie che inoltre, dai 40 anni, aumentano», dice l’intervistata che per due decenni ha lavorato in un ospedale della provincia di Varese e che conferma come il bonus sarà inutile per fermare la fuga.

L’ultima testimonianza è di un’infermiera che dal 1984 svolge tale mansione e che, dopo anni passati a lavorare in diversi ospedali e poi nel servizio a domicilio, ha deciso di passare in Ticino dove prosegue la sua attività. 

«Il compenso è sempre stato vantaggioso ma anche il sistema organizzativo della sanità Svizzera mi ha affascinato. La velocità di risposta ai bisogni dell’utente, la visione a 360 gradi della persona, la capacità di fare davvero prevenzione. Qui c’è molto rispetto per il professionista. Se viene tolto un riposo per necessità lavorative poi viene ripristinato, viene garantito un fine settimana al mese libero. In Italia tutto questo è utopia. Con la dicitura “ordine di servizio”, eri costretto a saltare riposo, ferie e  a lavorare con turni pesantissimi. Ecco perché il bonus non sarà un efficace deterrente».

E se proprio bisogna evidenziare delle lacune ecco che «qui gli infermieri hanno una minore autonomia professionale, lavorano per mansioni. In Italia invece già da molti anni è stato introdotto il profilo professionale che permette di essere autorizzati a prendere decisioni, ovviamente nei propri ambiti, senza dover ricorrere al parere medico». Oltre alla semplicità nel poter perdere il lavoro.

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